martedì 31 gennaio 2017

MENOPAUSA meno MEMORIA ?

MENOPAUSA,  MENO MEMORIA ?

 CON IL CALO DEGLI ESTROGENI, MOLTE DONNE POSSONO AVERE CONSEGUENZE NEGATIVE SULLA FUNZIONALITÀ DEL CERVELLO E DEI RICORDI MA I RIMEDI CI SONO: 

BISOGNA TENERE “ALLENATA” LA TESTA - ECCO COME FARE





Quando ci si trova nel bel mezzo di una stanza e non si ricorda il perché. Quando quella parola così necessaria si perde nei meandri del cervello. Quando ci si accorge con orrore di aver saltato un appuntamento importante. Sono piccoli segnali che raccontano il tempo che passa, e indicano l’inizio di una nuova fase nella vita delle donne. Perché la menopausa non è solo vampate, insonnia, o atrofia vaginale – insieme ad altre condizioni più specifiche – ma anche una nebbiolina che appanna i ricordi.



Perché, racconta uno studio sul Journal of Neuroscience di un gruppo di ricerca della Harvard Medical School di Boston, i cambiamenti ormonali che si verificano al variare dello stadio riproduttivo di una donna, in particolare il crollo della produzione di estrogeni, possono avere un impatto negativo sulla funzionalità del cervello e peggiorare alcuni processi cognitivi come appunto la memoria, come lamentano quasi due donne su tre.





«Da tempo - spiega Michela Matteoli, che dirige l’Istituto di Neuroscienze del Cnr ed è responsabile del Neurocenter di Humanitas - sappiamo che il funzionamento del cervello è regolato anche dagli ormoni. Nelle donne, quelli femminili (estrogeni e progesterone) influenzano lo sviluppo di quest’organo già durante lo sviluppo prenatale: controllano la crescita dei neuriti, ovvero i prolungamenti dei neuroni, il processo di formazione delle sinapsi, la formazione della mielina, la guaina che riveste i prolungamenti neuronali e facilita la diffusione del segnale elettrico, e la plasticità, ovvero la base neuronale del processo di apprendimento.






Nel cervello, l’ippocampo 

(la regione legata all’immagazzinamento 

dei ricordi) contiene alti livelli di recettori per gli estrogeni e il 

progesterone. Non stupisce quindi che variazioni dei livelli 

ormonali nel corso della vita della donna si riflettano sulla 

funzionalità del cervello».





L’impatto della menopausa sulla memoria era già stato esplorato 

nel 2012 da un gruppo di ricercatori del Rochester Medical Center 

e dell’università dell’Illinois a Chicago. Somministrando alcuni 

test neuropsicologici a 75 donne tra i 40 e i 60 anni, gli studiosi 

avevano notato che nel primo anno post-menopausa le donne 

mostravano risultati significativamente peggiori non solo nei 

compiti di apprendimento verbale e della memoria, ma anche 

nell’attenzione, rispetto alle donne non ancora in menopausa. 

Nella nuova indagine, oltre ai test neuropsicologici, i ricercatori 

hanno usato la risonanza magnetica funzionale (fM-RI) su 200 

donne tra i 45 e i 55 anni, a cui era stato chiesto di eseguire 

un’operazione di codifica verbale.





Osservando il cervello con la scansione durante l’esecuzione del 

compito, i ricercatori hanno scoperto un’alterazione della 

connettività a livello dell’ippocampo nelle donne in menopausa. 

«In particolare – spiega ancora Matteoli - si è visto che basse 

concentrazioni del 17beta-estradiolo (il principale ormone sessuale 

prodotto dalle cellule dell’ovaio) erano correlate ad alterazioni più 

pronunciate della connettività dell’ippocampo e a prestazioni 

peggiori in test di tipo mnemonico». 

Conclusione: il calo ormonale durante la menopausa gioca un 

ruolo significativo nella regolazione dei circuiti della memoria, già 

nelle prime fasi del processo di invecchiamento.




La correlazione tra menopausa e memoria, tuttavia, potrebbe non 

essere così stretta. «Molti ricercatori – aggiunge la neuroscienziata 

- ritengono che la confusione mentale in questa fase della vita non 

sia causata direttamente dalla mancata azione degli ormoni su 

recettori specifici, ma, in modo indiretto, dalle variazioni ormonali 

in generale. Sappiamo infatti che queste alterazioni provocano altri 

sintomi come gli sbalzi d’umore e i disturbi del sonno, che a loro 

volta possono avere un impatto negativo sulle funzioni cognitive».





Come dissipare allora questa nebbiolina che a volte rende 

complicato ricordare azioni o parole? Alcuni esperti raccomandano 

l’uso della terapia ormonale sostitutiva. Ma, sottolinea Matteoli, le 

conclusioni non sono definitive: alcuni studi hanno concluso che 

questa migliori la memoria e gli altri aspetti cognitivi, altri 

suggeriscono che non abbia alcun effetto o possa averne uno 

negativo sulle facoltà cognitive. A tutt’oggi il quadro non è del 

tutto chiaro».




Di certo per mantenere buone capacità mnemoniche e cognitive 

anche in menopausa, è utile un regolare esercizio fisico aerobico, in 

grado di aumentare nel cervello la produzione di fattori neurotrofici 

che proteggono la connettività dei neuroni e la loro plasticità, 

fondamentale per l’apprendimento, così come una dieta sana, 

povera di grassi, che riduca il carico infiammatorio dell’organismo. 

Infine una vita sociale attiva, la lettura, l’interesse per le cose, il 

costante apprendimento di nuovi compiti, come imparare uno 

strumento o una lingua.



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mercoledì 25 gennaio 2017

La presenza di emicrania si associa al rischio di ictus peri-operatorio !





Nei pazienti chirurgici con storia di emicrania aumenta il rischio di ictus ischemico peri-operatorio, secondo i risultati di a uno studio appena pubblicato sul British Medical Journal e coordinato da Matthias Eikermann, direttore del dipartimento di anestesia, rianimazione e medicina del dolore al Massachusetts General Hospital e Harvard Medical School di Boston. «Fino a un quinto della popolazione generale soffre di emicrania, un disturbo che influenza sia il sistema nervoso sia quello vascolare, mentre lo stress chirurgico e le risposte infiammatorie post-procedurali sono note per facilitare fenomeni tromboembolici con conseguente aumento del rischio di ictus ischemico al momento dell'intervento» spiegano i ricercatori, che per verificare eventuali collegamenti fra presenza di emicrania e rischio di ictus ischemico peri-operatorio hanno esaminato le cartelle cliniche di quasi 125.000 pazienti operati in anestesia generale con ventilazione meccanica in tre ospedali del Massachusetts tra il 2007 e il 2014. Di questi, l'8% aveva una diagnosi di emicrania, e il 13% ha avuto un'emicrania con aura.


«Nel complesso, lo 0,6% dei pazienti ha avuto un ictus ischemico peri-operatorio entro 30 giorni dopo l'intervento chirurgico» riprende l'autore, precisando che rispetto ai pazienti non emicranici, quelli con l'emicrania avevano un aumento del 75% delle probabilità di avere un ictus, rischio che aumentava ulteriormente se l'emicrania era con aura. In altri termini, secondo le stime di Eikermann e colleghi, per ogni 1.000 pazienti chirurgici ci sarebbero 2,4 ictus ischemici, che diventerebbero 3,9 nei pazienti con emicrania senza aura e 6,3 in quelli con aura. «Alla luce di questi dati suggeriamo di inserire la presenza emicrania con o senza aura nella valutazione del rischio peri-operatorio» concludono gli autori.

Posso davvero confermare il tutto proprio perché mio marito aveva spesso forti mal di testa e purtroppo ha avuto 3 ictus in 6 anni.
Noi davamo la causa del suo mal di testa al fatto che cantando ( la sua attività professionale ) gli procurava forti emicranie e invece erano gli sbalzi di pressione che i medici hanno sottovalutato.
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